Politica

Sanità. Le valutazioni del Sindaco di Tolmezzo

La riforma regionale della sanità è diventata legge. Si è chiuso un capitolo, per aprirne uno nuovo: quello della sua attuazione. Ne abbiamo parlato con Francesco Brollo, Sindaco di Tolmezzo.

Se da una parte si può tracciare ora un primo bilancio della fase, a volte convulsa, che ha portato all’approvazione della legge, dall’altra sono rimasti degli strascichi che agitano ancora e, si presume, agiteranno a lungo gli addetti ai lavori e l’opinione pubblica. Soprattutto nell’area della Carnia e del Gemonese.

IMG_0739A legge di riforma approvata, quali sono le sue considerazioni, quali secondo lei gli obiettivi raggiunti o quelli mancati?
Gli obiettivi alla base della riforma, enunciati fin dall’inizio, erano condivisibili: il cittadino ed i suoi bisogni al centro; lo spostamento della maggior parte delle risorse sull’assistenza territoriale, capovolgendo la logica del finanziamento indirizzato in prevalenza ai punti di accentramento dei servizi (ospedali); l’attenzione più alla qualità dell’offerta sanitaria che alla presenza diffusa sul territorio di strutture ospedaliere.
Debbo dire, dal mio punto di vista, che quanto era annunciato nelle premesse è stato nella sostanza confermato: i principi e gli obiettivi alla base della riforma sono contenuti nel testo di legge.  Per fare un bilancio  bisognerà vedere come questa legge sarà attuata e cosa sarà in grado di garantire.
C’è però una questione, emersa all’ultimo momento e non prevista, che ha creato disorientamento ed imbarazzo.

Allude alla scelta di includere nello stesso ambito territoriale l’area montana (Carnia e Tarvisiano), il Gemonese, il Sandanielese ed il Codroipese, escludendone nel contempo il Tarcentino?
Si, una decisione che ha ridisegnato l’assetto territoriale della futura sanità (per quel che riguarda la nostra area) che era stato fino a quel momento condiviso dai sindaci e, tra l’altro, fatto proprio dalla Giunta regionale.
E’ evidente che all’atto dell’approvazione in Consiglio regionale si è creato un consenso territoriale trasversale (fino a quel momento sottotraccia), che ha determinato quello che definirei “un colpo di mano”.
In questo senso la maggior pressione è venuta dal Codroipese, che da tempo aveva stabilito relazioni più strette con l’ASS di S. Daniele.
Ne faccio sostanzialmente una questione di metodo: un percorso politico di riforma che si è caratterizzato  per essere e rimanere fino in fondo coerente al proprio disegno, nel momento in cui all’atto finale fa uno sbandamento del genere, per forza crea disorientamento.

Capisco lo sconcerto, ma pensa che questa scelta sia ancora negoziabile? Ritiene che vi siano spazi o azioni per portare ad una sua revisione?
Per quel che mi riguarda non è assolutamente il caso di provocare atti di reazione. Sono anzi dell’idea che di per sé un’organizzazione territoriale del servizio non ne comprometta o garantisca a priori il buon funzionamento. Anzi dobbiamo essere contenti che ci sia un’azienda con base nell’alto Friuli, ipotesi che certifica da parte della Regione l’importanza che riveste la montagna. Quello che invece credo sia importante, e lì presterò la massima attenzione, sono i risultati, la qualità delle prestazioni ai cittadini, a tutti i cittadini siano essi in montagna o in pianura. Sarà importante monitorare costantemente come e quanto un’offerta sanitaria qualificata sia perseguita e raggiunta in maniera equa su tutto il territorio.

Ma pensa comunque che questa scelta di organizzazione del servizio sanitario sul territorio presenti problemi e criticità particolari?
Più che criticità vere e proprie, vedo una serie di nodi su cui riflettere: i collegamenti (intendo soprattutto quelli dei servizi pubblici) tra l’area montana e la pianura, soprattutto con S. Daniele, sono insufficienti e vanno sicuramente resi più adeguati al funzionamento a rete del sistema della sanità che si va disegnando. Un altro rischio ipotetico è che in un ambito territoriale così differenziato dal punto di vista fisico, socio-economico e per densità di popolazione, si generino nel tempo delle sperequazioni per quanto riguarda le allocazioni di risorse. Per capirci, se la pianura rappresenta la maggior concentrazione di popolazione e di domanda sanitaria, non vorrei che lì tendano a concentrarsi sia le risorse a disposizione che l’attenzione all’innovazione e sviluppo dell’offerta sanitaria. A realtà territoriali diverse devono essere date risposte differenziate, ma ugualmente efficaci. Sul reale riconoscimento della “montanità” delle nostre aree, la vigilanza sarà molto attenta e costante.

Dopo la riforma della sanità, è alle porte quella sulla riorganizzazione degli enti locali. Secondo lei le scelte territoriali di questa legge peseranno sulla futura definizione degli ambiti di area vasta?
E’ una domanda che ci facciamo un pò tutti. Vedo ben difficile, se non impossibile, che la definizione territoriale dell’ambito sanitario, almeno per il nostro caso, possa coincidere con l’ipotesi di area vasta della riforma degli Enti locali. Ci sarà evidentemente uno scollamento tra le tessere di una riforma e quelle dell’altra. Quella degli Enti locali è peraltro una riforma in itinere, che vorrei valutare una volta assestata. Quello che già si percepisce è che, al di là della definizione territoriale dei nuovi ambiti e delle forme amministrative che questi prenderanno, la Regione si sta orientando verso forme di obbligatorietà ad unirsi . Si prevede infatti di premiare i Comuni che formeranno aggregazioni nelle forme che saranno previste dalla legge, mentre saranno penalizzati (ed in maniera consistente) quelli che vorranno rimanere da soli. Questo è da una parte positivo perché fa intravvedere una concreta possibilità di attuazione delle integrazioni territoriali, dall’altra però è l’attestazione negativa, “timbrata”, che i Comuni da soli non sarebbero in grado di unirsi. Per parte nostra, la Carnia è storicamente un ambito territoriale ben definito e “naturalmente” vocato a muoversi come ambito territoriale integrato e già si è mossa da tempo in questa direzione. Al di là di tutto, credo che questa nuova sfida che si profila per noi amministratori comunali, rappresenti una grossa opportunità e come tale vada vissuta.

 

Alcuni passaggi significativi dell’intervista al Sindaco Brollo:

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