A legge di riforma approvata, quali sono le sue considerazioni? Quali obiettivi sono stati conseguiti e quali possono essere invece ancora raggiunti?
Le considerazioni rimangono le stesse che ho ribadito in questi mesi ed in tutte le sedi dell’attuale Amministrazione regionale: una riforma iniqua con il conto presentato solo agli ospedali di territorio senza intervenire dove il “grasso cola” e cioè sui doppioni veri delle baronie universitarie e dei potentati dei grandi centri ospedalieri. Questa legge creerà disomogeneità territoriali e disparità nel legittimo diritto alla salute di tutti i cittadini dell’intera regione.
Come valuta la scelta regionale di mettere nello stesso ambito di riferimento territoriale l’area montana della Carnia, Gemona, S. Daniele e Codroipo, escludendo Tarcento/Tricesimo? A quali logiche/a chi attribuisce questo colpo di scena dell’ultimo momento?
Nessuna logica: hanno semplicemente vinto le consorterie e le clientele ben rappresentate all’interno della maggioranza regionale senza tener conto dell’interesse generale. Eppure per questa amministrazione i “campanilisti” eravamo noi!
Quali problemi e criticità (od opportunità) prevede in seguito a questa scelta?
Sessantotto Municipi dalla montagna alla pianura dovranno trovare per dei territori completamente differenti un punto d’incontro sulle politiche sanitarie: una semplice follia!
Se la considera una scelta discutibile e negativa, ritiene che ci siano margini per rivederla?
Certo. Fin da subito nella prossima finanziaria regionale un emendamento alla nuova legge che ripristini l’omogeneità dei territori interessati e il ruolo fondamentale svolto in essi dal nostro ospedale.
Dopo questa riforma è alle porte quella sulla riorganizzazione degli enti locali. Secondo lei le scelte territoriali della riforma sanitaria peseranno sulla futura definizione degli ambiti di area vasta e qual è la sua posizione al riguardo?
Peseranno eccome! Questa nuova riforma sanitaria ha visto nascere, a causa del mancato coinvolgimento dei Comuni, una guerra tra singoli Municipi che non ha precedenti nella nostra regione. La riforma degli enti locali, che il normale buonsenso avrebbe voluto precedente a quella della sanità, rischia di trasformarsi nell’ennesima imposizione violenta di questa amministrazione regionale sorda alle voci delle singole comunità che invece di questa riforma dovrebbero essere le protagoniste.