L’attenzione della politica alla montagna ed ai suoi problemi c’è sempre stata, ma a fasi alterne e spesso con esiti modesti.
Uno dei primi e più significativi atti è stato la promulgazione della legge nazionale n.1102 del 1971, che ha istituito le Comunità Montane.
I propositi della legge erano di: “…promuovere … la valorizzazione delle zone montane favorendo la partecipazione delle popolazioni, attraverso le Comunità Montane, alla predisposizione e alla attuazione dei programmi di sviluppo e dei piani territoriali dei rispettivi comprensori montani ai fini di una politica generale di riequilibrio economico e sociale nel quadro delle indicazioni del programma economico nazionale e dei programmi regionali”.
Questo a livello nazionale.
La nostra Regione, anche in forza della propria autonomia, ha trattato la materia modificandone più volte i connotati.
Ma per capire meglio il quadro in cui si è mossa la politica regionale in questo specifico settore, val la pena di ripercorrere brevemente le tappe che hanno preceduto il nuovo assetto che l’ente montano si è appena dato.
Breve storia delle Comunità Montane
Senza entrare nel merito dei contenuti dei vari passaggi (sarebbe complesso richiamarne via via il senso e la logica politica), ci si limita ad elencare la sequenza dei provvedimenti regionali che hanno contraddistinto questo ente a servizio della montagna.
1973 : viene approvata la legge regionale n.29, che individua nel FVG le Comunità Montane, introducendo i contenuti della legge nazionale del 1971.
2002 : le Comunità Montane, che fino a quel momento avevano goduto di una certa continuità, vengono trasformate con la legge n.33 in Comprensori montani e il Gemonese viene unito al Canal del Ferro e Valcanale.
2011 : una nuova legge regionale, la n. 24, Istituisce le Unioni Montane, mantenendo per il Gemonese lo stesso assetto territoriale della precedente.
2014 : con la legge n.26 si decide di organizzare tutto il territorio della regione attraverso le Unioni Territoriali Intercomunali (UTI) ed il Gemonese (questa volta da solo) diventa UTI del Gemonese.
2019 : infine, con la legge n. 21 vengono cancellate le UTI e vengono riportate in luce le Comunità Montane (quindi anche per il Gemonese), che però cambiano denominazione in Comunità di Montagna.
Questo promemoria, pur nella sua sinteticità, è di per sé eloquente nel mettere in evidenza la difficoltà e la frammentarietà con cui nel tempo sono stati affrontati i problemi della montagna e le sue possibilità di sviluppo.
Da questo quadro, non si può non trarre alcune considerazioni, ovviamente molto generali:
è difficile che un ente sottoposto a così frequenti cambiamenti, in una condizione quindi di sostanziale instabilità, possa funzionare al meglio;
tra lo scarso interesse che questi temi suscitano ai più, non è chiaro se ci siano invece delle componenti della politica o della società civile disposti ad investire nel futuro di questi enti, ovvero se gli stessi siano semplicemente destinati ad avere un ruolo irrimediabilmente di basso profilo;
nello stesso tempo però il tema delle aree di montagna, come pure delle così dette “aree interne”, dovrà essere affrontato seriamente, ancor più a seguito della pandemia e dei problemi di disuguaglianze e di sofferenze economiche che via via emergeranno nelle aree più fragili del paese sia dal punto di vista fisico – geografico, che sociale ed economico;
è curioso peraltro, considerando la sequenza di variazioni sopra descritta, che si ponga tanta attenzione a modificare di volta in volta il nome di questo ente, anche con ritorni a precedenti denominazioni. Sembra quasi di assistere al gioco delle tre carte.
La nuova Comunità di Montagna
L’istituzione delle attuali Comunità di Montagna è contenuta nella citata legge L.R.21/2019, che porta più generale al superamento delle UTI.
Per il nuovo ente per la montagna la legge prevede l’attribuzione di funzioni che, come spesso avviene, aprono in termini molto generali a compiti che possono avere ricadute importanti, come pure rimanere di scarso peso: dipende come sempre dalle risorse a disposizione e dalla capacità dell’ente di muoversi con efficacia.
Più che delle funzioni indicate nella legge è meglio riferirsi direttamente a come queste vengono declinate nello Statuto di cui la Comunità di Montagna si è dotata, approvandolo il 31/10/2020, di cui si riporta uno stralcio significativo:
- “La Comunità di montagna è istituita per l’esercizio delle funzioni di tutela del territorio montano e di promozione dello sviluppo sociale, economico e culturale della popolazione del territorio medesimo.
- La Comunità di montagna, in particolare:
a) elabora e attua i piani e i programmi di sviluppo del territorio, di concerto con la Regione, per la valorizzazione della partecipazione delle comunità locali alla definizione e al conseguimento degli obiettivi europei, nazionali e regionali di sviluppo dei territori montani;
b) esercita le funzioni amministrative conferite dalla Regione;
c) gestisce gli interventi speciali per la montagna promossi dall’Unione Europea e dalle leggi statali e regionali;
d) svolge le funzioni proprie già esercitate dalla soppressa Comunità Montana del Gemonese Valcanale e Canal del Ferro e dall’Unione Territoriale Intercomunale ( U.T.I.) del Gemonese ad essa subentrata ai sensi della legge regionale 26/2014.
3. La Comunità di montagna, oltre alle funzioni alla medesima attribuite in forza della Legge come indicate nel comma precedente, può svolgere, in favore dei Comuni richiedenti, funzioni e servizi di competenza comunale, a seguito di apposita deliberazione da parte dell’Assemblea e conforme deliberazione dei Comuni interessati, in numero non inferiore a tre. La deliberazione assembleare regola le modalità e i limiti della delega di funzioni e servizi.”
Come detto, la Comunità di Montagna del Gemonese ha iniziato ad operare, il 1° gennaio del 2021 e comprende i territori di Artegna, Bordano, Gemona, Montenars, Trasaghis e Venzone.
Ad oggi, anche in ragione della particolare situazione determinatasi con la pandemia, non ha ancora avviato un’attività ben percepibile, soprattutto da parte della popolazione: il sito Internet dedicato, ormai strumento principale di informazione di qualunque organismo, non è a tutt’oggi particolarmente ricco di contenuti.
Ma al di là di un’informazione per sommi capi che fin qui si è cercato di dare sulla nuova Comunità di Montagna, lo scopo di queste note è piuttosto quello di porre alcune questioni di fondo, che si possono riassumere nelle due domande:
Ha senso perpetuare nel tempo un soggetto territoriale in partenza debole e poco percepito dalla popolazione, pur con una sua organizzazione e, inevitabilmente, dei costi di esercizio?
Di quale identità e di quale ruolo dovrebbe invece dotarsi per far emergere la propria funzione nell’attuale sistema di governo degli Enti locali o ancora su quali punti strategici dovrebbe investire per aver un reale peso nelle scelte che si faranno nel territorio del Gemonese?
Le chances della Comunità di Montagna del Gemonese
Forse non si è ancora diffusa la piena consapevolezza di come il recupero dallo shock pandemico aprirà una fase in cui si dovranno rivedere molte delle scelte fatte in precedenza e quindi pensare a strategie nuove per adattare le politiche economiche, territoriali e sociali ai problemi, non più procrastinabili, emersi ormai con evidenza: cambiamenti climatici, fragilità sociali (in particolare sanitarie) e territoriali, rischio di pesanti stress economici.
Per altro verso saranno disponibili risorse finanziarie molto importanti, che potranno favorire questo cambio di paradigma.
In questo contesto, a meno di una esasperata gestione verticistica e centralizzata, sarà importante che ogni livello di governo, fino a quello comunale, sia attrezzato a svolgere attivamente un proprio ruolo (così è stato ad esempio nella fase di ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 1976).
Scendendo alla scala locale del Gemonese, la capacità di muoversi privilegiando l’integrazione delle diverse realtà comunali (evitando un’inutile competitività tra piccoli) è un valore aggiunto indispensabile per sviluppare progetti coerenti con gli obiettivi che discendono dal Recovery and Resilience Fund europeo, che peraltro detterà precise condizioni per utilizzarne i fondi.
Inoltre un sistema intercomunale coeso, capace di coordinarsi con altre aree del territorio regionale, permetterebbe di avere una capacità contrattuale migliore nel confrontarsi con Regione o Stato. Va preso atto infatti che il Gemonese, schiacciato tra montagna e pedemontana, avendo anche perso pezzi nel tempo (Buja e Osoppo), risulta la più piccola aggregazione di comuni della Regione: da qui l’importanza di fare alleanze con ambiti contigui basate su atti programmatici e progetti di respiro.
E’ questo lo spazio operativo in cui dovrebbe muoversi la neo – nata Comunità di Montagna del Gemonese, rispondendo in tal modo positivamente alle due domande formulate qui sopra.
L’auspicio è che la nuova istituzione si doti di un’identità precisa ed interpreti un ruolo propositivo in grado di far da cerniera tra le diverse realtà comunali per proporre una comune visione di futuro ed esprimere una progettualità di respiro territoriale, superando i paletti dei confini e degli interesse comunali.
Se si crede in questa prospettiva, la Comunità di Montagna del Gemonese dovrebbe rafforzarsi sia nella convinzione ed incisività politica, sia nel dotarsi di nuove, giovani energie che possano fornire le competenze e le capacità necessarie a fare un salto di qualità.
In caso contrario rischia di riproporsi un déjà-vù, che costringerà di nuovo a chiedersi: ma servivano tutti questi cambiamenti per riproporre alla fine un modello di organismo pubblico debole e scarsamente autonomo nella sua operatività?