Uno spazio dedicato ai “giovani in movimento” per raccontare le loro esperienze; un’opportunità di scambio e confronto con i gemonesi, con i coetanei di Gemona ma anche con altri giovani che in altre parti del mondo stanno vivendo l’analoga esperienza del vivere all’”estero”; la possibilità di avere contatti nei luoghi dove ci piacerebbe andare, che ci piacerebbe visitare…
Cominciamo a costruire questa rete “interno al mondo” con il bell’articolo di Giacomo Della Marina.
Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il Liceo di Gemona, avevo un unico chiaro interesse ed un’ unica sicura visione sul mio futuro. Volevo fare l’attore. Fin da bambino il teatro era stata una passione. I miei genitori hanno sempre creduto nella cultura e nel suo valore. Vista la mia propensione all’arte performativa e la loro profonda convinzione che dovessi esprimermi come meglio credevo, hanno sempre assecondato le mie scelte su come trascorrere il tempo libero. E anche quando ho comunicato loro che sarei andato a Roma a provare l’esame d’ammissione per l’unica accademia statale di teatro, ho percepito da parte loro una profonda consapevolezza che l’esperienza e il rischio mi avrebbero ad un certo punto portato sulla strada giusta. Sapevano e credevano profondamente nel mio senso di responsabilità. Quell’anno ho superato alcune fasi delle selezioni, ma non essendo poi stato ammesso all’Accademia ed essendoci ancora l’obbligo militare, ho scelto di iscrivermi all’università per eventualmente riprovare gli esami di ammissione l’anno successivo. L’ anno seguente, tuttavia, mi sono convinto che sarebbe stato utile ed interessante completare i miei studi in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Padova. Avevo cominciato un percorso scolastico e sentivo il dovere di portarlo a termine. Così sono passati alcuni anni nei quali mi sono comunque dedicato al teatro e collaborando con l’università ho preso parte a rappresentazioni in lingua originale di testi teatrali inglesi. Ma tutto ciò non mi dava molta soddisfazione.
Mi ricordo che ho pensato a quando ero molto piccolo e seguivo le lezioni di musica e danze popolari con Lucia Stopper e a come lei avesse notato e riportato ai miei genitori il mio senso del ritmo e la mia passione per la musica. Mi sono anche ricordato che i miei genitori hanno pensato ad un certo punto di portarmi a fare lezione di danza, ma poi non vedendo in me uno spiccato interesse, hanno pensato fosse meglio abbandonare l’idea. Credo anche non volessero mettermi in difficoltà. Gemona e’ un piccolo paese e a volte la gente mormora. Non e’ facile aprirsi alle novita’ e capire che in fin dei conti non portano niente di male. Inoltre negli anni ’80 non era comune pensare che un ragazzino avesse scelto come attivita’ ricreativa la danza. Con questi pensieri in testa, ho concluso che non sarei voluto arrivare alla tarda eta’ senza aver provato una classe di danza. E così calzamaglia nera, maglietta bianca alla mano e scarpette mi sono diretto presso un centro che proponeva lezioni di danza classica. Al tempo avevo i capelli ricci e lunghi ed ero completamente fuori forma non essendo io un grande appassionato dell’attività fisica. Non ero sicuramente un buon candidato a diventare un ballerino classico. Mi sono rimboccato le maniche e ho cominciato da li. Ricordo ancora le mie inquiline Francesca e Manuela che si lamentavano perché rinunciavo a tutte le attività ricreative che lo studio concedeva per andare a danza.
Spesso nel mondo della danza capita che la ricerca del proprio maestro richieda del tempo. Quindi solo dopo alcuni anni sono sbarcato nella sala di danza di Caterina che e’ stata la mia insegnante per diverso tempo, fino al momento in cui non ho lasciato Padova. Un giorno sono andato al cinema a vedere Billy Elliot. Il giorno dopo sono uscito e ho chiamato al telefono mia mamma. Le ho ufficialmente comunicato che la danza avrebbe avuto la priorità e che l’università sarebbe passata in secondo piano. Volevo fare il ballerino. Desideravo far parte di quel mondo che non si esprime a parole ma attraverso il linguaggio naturale incondizionato del movimento. E qui mi sono reso conto che la mia propensione per l’arte performativa non era mai scomparsa, si era solo trasformata. Per quanto i miei genitori siano sempre stati di visioni molto aperte, per quanto mi abbiano fatto scegliere il mio percorso senza obiezioni; a questo punto hanno pensato fosse il caso di fare alcune osservazioni. Per loro finire l’università era la priorità e con gran calma e logica mi hanno fatto capire che la cosa migliore sarebbe stata completare gli studi e poi pensare al resto. Quindi senza mai abbandonare la mia routine di attività fisica quotidiana, ho portato avanti gli studi e nel 2004 mi sono laureato con una tesi di ricerca in letteratura inglese medievale.
Pur ricercando lavoro nel campo in cui mi ero laureato, per riuscire a mantenermi da solo a Padova ho lavorato come cameriere, come commesso alla Decathlon e all’Ikea. Inoltre pulivo gli ambienti della scuola di danza dove prendevo lezioni. Alternavo tutto ciò a workshop di danza con maestri nazionali ed internazionali. Ben presto tuttavia, mi sono reso conto che la mia formazione come ballerino aveva bisogno di essere alimentata in modo diverso. Il panorama italiano della danza cominciava a starmi stretto ed ad apparirmi limitato. Desideravo avere una preparazione più approfondita della materia. Non esistevano molte possibilità sul territorio data la mia eta’. Spesso mi sono sentito dire che le mie pretese e aspettative erano eccessive, che il mio obbiettivo era impossibile da realizzare. Avevo già 25 anni e non potevo poter pensare di intraprendere una carriera come ballerino vista la mia breve formazione. Non mi sono fatto convincere da quest’idea. Ho cominciato a guardarmi attorno. Ho pensato che se l’Italia non mi forniva l’occasione di una formazione più completa, forse oltre confine ci sarebbe stata l’opportunità di approfondire questo mio interesse. Ed ecco che l’opportunità si e’ presentata. Un workshop audizione a Castiglioncello in Toscana che permetteva l’ammissione alla Rotterdam Dance Academy. Ho colto l’occasione al volo. Le mie scarse conoscenze geografia d’ oltralpe andavano di pari passo con quelle coreutiche del territorio non italiano. Ma ero consapevole che comunque fosse andata l’audizione qualcosa avrei imparato. Ed ecco che dopo un fine settimana intenso di lezioni e dopo aver presentato un assolo di quattro minuti, il coordinatore dell’accademia mi si avvicina e mi comunica che ero stato selezionato per frequentare la scuola a Rotterdam per un anno come studente ospite. Incredulo ed entusiasta ho ripreso il treno verso il Friuli. Non sapevo che cosa avrei detto ai miei genitori e che cosa avrei dovuto fare. Risoluto e deciso ho comunicato alla mia famiglia che l’agosto successivo mi sarei trasferito per studiare danza in Olanda. E ripensandoci ho fatto bene a cogliere quell’occasione anche perché credo di essere stato l’ultimo studente oltre ai 26 anni di eta’ ad essere ammesso in quell’accademia. Mia madre e mio padre, non senza dubbi e ansie, mi hanno lasciato andare. Se non altro sarebbe stata una buona occasione per vedere un po’ il mondo, per praticare le lingue straniere tanto studiate e forse realizzare che la mia strada era un’altra e non quella del palcoscenico. In fondo non avrei perso molto, anzi ne avrei guadagnato in esperienza. Detto fatto mi organizzo per la partenza.
Sbarco a Rotterdam, città molto industriale e completamente ricostruita dopo la seconda guerra mondiale in quanto completamente distrutta dai bombardamenti. La lunga ricerca per una casa comincia. Non e’ facile trovare una sistemazione appropriata. E’ qui che mi fermo.