Emigrants

Ğuan Dolo di Stalis, emigrante in Romania e nel Caucaso.

ĞUAN (Giovanni) DOLO di Stalis, emigrante in Romania, nel Caucaso ed in altri posti ancora. Intorno al 1870 emigrarono dalla nostra Regione in Romania molti operai; era un’emigrazione stagionale, temporanea o pendolare…

I mestieri praticati erano quelli di boscaiolo, scalpellino – tagliapietre, carpentiere, muratore, piastrellista, fabbro, agricoltore e altri, che venivano richiesti nei lavori di costruzione delle ferrovie di fine e inizio secolo. Nel decennio 1870-1880 era presente qualche centinaio di persone, nel primo ventennio del XX secolo c’erano in Romania oltre 60.000 persone provenienti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Dal nostro mandamento erano per lo più di Gemona del Friuli, Venzone, Buia, Osoppo, Trasaghis, Maiano e Forgaria.

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Partendo da destra: Toni e Santo, da famee dai Vuarans, Ğuan (il Dolo), Ragazzo di Stalis (qualcuno lo riconosce?), Pontebban, Nardin (il Dolo) fratello di Ğuan, Pontebban, Checo (il Dolo, padre di Nardin e Ğuan, nato nel 1857), doi Pontebbans (compreso il capo squadra).

A questo proposito vorrei raccontarvi la storia vera di un tal Ğuan Dolo di Stalis (Borgùt), fratello di Nardin e Vigni; i tre hanno avuto 30 figli. La storia è raccontata dal figlio Benito e dalla nuora Pierina. Ğuan, nato nel 1886, da piccolo è vissuto con i nonni paterni. La madre era andata via da casa, mentre il padre era partito per la guerra in Eritrea. Al rientro dalla guerra il padre era subito emigrato in Romania e non aveva dato più  alcuna notizia di sé.

In cerca del padre. A 12 anni  Ğuan partì alla ricercar del padre. Lo trovò che conduceva una brutta vita, a barabba vie”, e lo aiutò a “tornâ a metisi in sest”. Lavorò con lui nel bosco e così riuscirono insieme a rientrare a Gemona. Fecero ritorno diverse volte in Romania anche in compagnia del fratello più giovane Nardin (nella foto aveva 17 anni).

Nel bosco in Romania. Ğuan, che era uno dei più giovani del gruppo dei boscaioli, veniva spesso utilizzato per l’approvvigionamento di acqua e di viveri. Il paese più vicino si trovava a una  giornata di cammino. La foresta era popolata da orsi, lupi e cinghiali e da piante di enormi dimensioni e percorrerla da solo era un’avventura non priva di rischi. Una volta Ğuan si ferì con l’accetta a una gamba: trasportato in ospedale, rischiò di morire. Fu salvato provvidenzialmente da un medico italiano incontrato per caso. Lavori di grande fatica si effettuavano nel bosco e i boscaioli venivano pagati solo a lavoro finito. Se pioveva per molto tempo, il lavoro non svolto doveva essere  recuperato di notte. L’esbosco delle taglie veniva realizzato mediante scivolamento dei tronchi lungo appositi canali (lisse), poi in acqua (stue) e infine su carri trainati da cavalli.  

Ricordi di Ğuan nei boschi d’Europa.

Prima della prima guerra mondiale, sui Carpazi, aveva conosciuto diversi boscaioli Ungheresi. Li ha rivisti durante il conflitto tra le file dell’esercito austroungarico e, dopo la guerra, li ha ritrovati al lavoro nei  boschi. Ricordava  spesso la frase detta a uno di questi sul fronte “Scjampe se no ti copi”. Ricordava  che dopo la guerra  erano stupiti di vederlo lì, sui boschi dei Carpazi a faticare, lui militare di una  nazione vittoriosa e pertanto, pensavano loro, ricca. Lui però rispondeva che era ricco solo di miseria.

Raccontava Ğuan che era stato anche sul Caucaso a “taiâ il bosc“. Con lui c’era Francesco Copetti dal Borc di Scugjelârs (un Borec); aveva la gamba di legno e faceva il cuoco. Una volta, sul piroscafo che da Costanza portava ad Odessa sul Mar Nero, col mare in burrasca,  Ğuan disse a Checo Sta atent, che il mâr vuê al è come il cjaval che al trai.  Sui monti del Caucaso ricordava l’abilità dei cosacchi nel cavalcare a grande velocità nel bosco, senza sella. Nel frattempo la madre si era ricongiunta al padre. Prima di partire per la Francia, sempre come boscaiolo, nel 1928 fece una stagione a Gemona. Essendo un uomo burbero e coraggioso si racconta che andava da solo a fare fieno in prossimità delle Crete Pòrie in Chiampon, luogo di dicerie e paure: si mormorava che in quei luoghi gli spiriti dei dannati facessero rotolare i sassi. La paura era tanta che avevano perfino chiamato un esorcista di Venezia per benedire quei posti ed altri (Cuarnan di dentri) ritenuti infausti.

Come dicevo, dal 1928 al 1933 Ğuan emigra sempre come boscaiolo capo nell’Alta Savoia, versante francese, a contratto presso un proprietario che era un  personaggio influente (deputato) di Francia. Raccontò la storia dell’uccisione di un bracconiere da parte del deputato che, scoperto, si suicidò piuttosto che finire sotto processo. Da quelle parti c’era una clinica per persone ricche; un giorno un degente della clinica gli disse che gli avrebbe dato tutto il suo denaro se poteva avere un quarto della sua salute e prestanza fisica. Ğuan è poi rientrato a Gemona, ha continuato a fare il boscaiolo e il contadino; fino a 75 anni è andato in Cuarnan a fare fieno (la mede). E’ morto nel 1967. La nuora lo ricorda soprattutto per la sua onestà e per aver sempre mantenuto la parola data anche senza firmare contratti (ogni allusione a vicende odierne è del tutto casuale). E’ passato un secolo, dall’inizio della storia. In Romania ci sono ancora alcuni lembi di foreste vergini, studiate da ricercatori di tutto il mondo. Si sente parlare ancora friulano, senza  contaminazioni linguistiche, in alcune sperdute e isolate contrade. Molti Rumeni sono in Friuli a cercare maggior fortuna (la storia si ripete all’incontrario). I nemici di un tempo sono Europei, forse sotto un’unica costituzione. Sul Caucaso si continua a morire.

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