Racconti

Ricordi di Casere Buteghis

Buteghis è un località posta nella valle Venzonassa all’altezza del Cuel di Lanis. In friulano Buteghis significa Botteghe. Forse era un luogo di scambio con le vicine popolazioni slave. Dal 1930 al 1952 l’omonima casera e le stalle adiacenti sono state utilizzate per l’alpeggio dai Broilis (Copetti) di Stalis. Mario, classe 1929, racconta.

Butêghis, 1936: a dx il padre di Mario (Tommaso) e il fratello Bortolo. La prima donna a dx è Maria la moglie di Bortolo, la seconda è Lucia sorella di Mario. Sotto, parzialmente nascosto, con il berretto, Mario.

Butêghis, 1936: a dx il padre di Mario (Tommaso) e il fratello Bortolo. La prima donna a dx è Maria la moglie di Bortolo, la seconda è Lucia sorella di Mario. Sotto, parzialmente nascosto, con il berretto, Mario.

La prima volta che sono andato “tas Butêghis” avevo 5 anni. Mi ricordo ancora il sapore del latte caldo, appena munto, che mio padre mi portava per svegliarmi al mattino. Ho iniziato a mungere da ragazzo. Il resto del tempo lo trascorrevo al pascolo oppure mi dedicavo al trasporto di materiale e a piccoli lavori di manutenzione.

Quanti capi di bestiame c’erano in malga? 

Certe annate erano presenti più di 70 capi bovini. Il pascolo era abbondante (la “grassure”) e il suolo ben concimato. Il vero problema era la carenza d’acqua nelle stagioni asciutte. In quel caso dovevamo  accompagnare gli animali ad abbeverarsi fino alla sorgente del Fontanàt di Glèriis. Portavamo l’argilla con la gerla  per costruire le pozze e contenere l’acqua.

Conserva dei ricordi piacevoli di quelle estati?

Ero  ancora  bambino e mi piacevano i conigli. Ne avevo portati due in malga. Avevo insegnato al maschio dove nascondersi la notte per non essere preda delle volpi; alla madre e ai piccoli, sistemati nella stalla, mettevo il latte in una piccola vaschetta di legno (“laiput”) che avevo costruito con le mie mani. Quell’anno ho riportato a casa ben venti conigli.

E poi?

Una volta ho scoperto  una piccola vena d’acqua vicino alla casera. E’ stata una grande soddisfazione.
Il periodo più bello l’ho vissuto verso la fine degli anni ‘40. C’erano 65 famiglie bellunesi, più squadre di operai che lavoravano in Ledis per la ditta Cadò, dedite a tagliare il bosco e a fare il carbone di legna. C’era così tanta gente che sembrava di essere in un paese vero. Rimaneva il tempo per incontrarsi e divertirsi insieme anche a suon di fisarmonica, che a quel tempo suonavo.

Ricordi piacevoli in un periodo difficile?

In friulano si dicevite dure e riassume in due parole  le condizioni di vita di quel tempo. Un esempio? Due donne di Belluno la settimana successiva al parto erano di nuovo in Ledis con i loro piccoli.  E poi la violenza della guerra che non ha risparmiato nemmeno quei luoghi.

Racconti ai lettori di P&M una giornata tipo.

Sveglia alle 5 e poi in stalla a mungere. La mattina si accompagnavano gli animali al pascolo. Dalle 15 alle 17 avveniva la seconda mungitura e poi di nuovo al pascolo. Quando le zone di pascolamento erano distanti “si stave fûr dut il dì”.

Mario Copetti frequenta ancora oggi i luoghi dell’infanzia (Ledis).

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