Prima della prima guerra mondiale il legname veniva trasportato a valle con la tecnica delle stue (la stua, dal tedesco Stauen, era un bacino artificiale d’acqua fatto con piccole costruzioni di sasso o di legname da potersi svuotare: vi si radunava il legname tagliato e aperto lo sbarramento, vi si faceva fluitare il legname a valle).
Dopo la guerra la ditta Pittini introdusse l’uso della teleferica.
Si racconta che un tal Michel di Maiaron, tipo particolare che viveva a “modo suo”, aveva chiesto a Pittini di lavorare per loro in bosco. Avendo ricevuto un diniego, per ritorsione tagliò la traente della teleferica mentre Pietro Pittini si trovava nel cestello. Pietro rimase appeso sopra l’avvalamento di Rio Moede alla confluenza della Venzonassa, per tutta la giornata e per tutta la notte nel cestello, in attesa che venisse riparata la fune. Non solo, diede fuoco anche a delle cataste di legna. La misura fu ritenuta colma. Venne portato all’ospedale psichiatrico di San Daniele. Fuggì subito e, si dice, arrivò a casa prima di coloro che lo avevano accompagnato in Ospedale. La Direzione dell’ospedale psichiatrico decise di alzare di un metro il muro di cinta.
Da qui il detto famoso a Venzone: “Tu seis come chel cal a fat alza di un metro il mur” (sei come quello che ha fatto alzare di muro di un metro).
Alla fine la ditta, rassegnata, lo assunse.
Ledis, anni 50.
Si racconta di questo fatto accaduto nello stavolo di Copetti in Ledis (quello già sepolto dalla valanga del 1909). Maleute zia di Tilio Paschin, nubile e timorata di Dio, sentendo che uno dei Copetti proponeva di portare la manza alla monta col toro che si trovava nella stalla presso lo stavolo di Scugjelars (Cuelams) o di Tichigne, intervenne subito “A no si insegne ches porcaris a manze” E andava avanti indietro pregando sul libro di Messa, affinché la manza rimanesse incinta (plene) e …vergine. I Copetti (Quartutis) mimavano spesso la scena facendosi grosse e grasse risate.