Ambiente

La gestione dei rifiuti a Gemona dal dopoguerra ad oggi.

Smaltire i rifiuti è diventato un problema a partire  dagli anni sessanta. Prima i beni erano pochi, duravano molto di più e venivano riparati, riutilizzati e riciclati dopo l’uso.

 

Le macerie del terremotoUn vestito si trasformava in un altro vestito, nel barattolo  usato si mettevano i  chiodi, gli  “scarti” del cibo  servivano per l’alimentazione degli animali domestici,  le scarpe acquistate per il primogenito, con due numeri in più (sul cressi),  passavano al fratello minore. Se si rompevano venivano riparate in casa o portate dal cjaliâr (calzolaio). Fino alla totale consunzione.

I derivati del petrolio non avevano ancora invaso il mercato.

Ma cosa è successo a Gemona dal dopoguerra ad oggi?

 A Gemona si utilizzava  un’area in località Tira a Segno (“tal riûl”). Gli operai del Comune scavavano le buche e  le riempivano di  rifiuti che venivano successivamente ricoperti  con materiale inerte; c’era chi frugava tra i rifiuti alla ricerca di qualcosa di utile per sé e commestibile per gli animali domestici e chi li bruciava per allontanare o ridurre la popolazione dei topi.  Negli anni ’72 o ’73 ci fu una protesta della popolazione che manifestò contro la discarica e allestì un presidio in una tenda. Il sindaco di allora, Edoardo Disetti, si convinse  a chiuderla. La popolazione per alcuni anni celebrò la festa “das pantianis” nei pressi della fornace di Copetti (“sot la Mont di Chiamparis) a scherzosa  e ironica memoria  della discarica. Successivamente i rifiuti vennero smaltiti “ta buse das marsuris” (da Taboga, verso l’autostrada l’area boscata che si trova prima del ponte dell’autostrada, sulla sinistra), attività  bloccata subito dopo dalla popolazione. I rifiuti vennero allora trasportati e smaltiti in Comune di Buia  in una cava.

Dopo il terremoto, in prossimità delle sponde del Tagliamento, venne costruito un piccolo inceneritore, autorizzato dal Commissario Straordinario Zamberletti, destinato a bruciare “scovacis”. Successivamente il Comune, una volta dismesso l’inceneritore, ha aperto due discariche: una in località Plan di Muini  (Rivoli Bianchi),  che è servita allo smaltimento dei rifiuti urbani fino agli anni 1983/ 1984; l’altra in Gleseute, in prossimità della sponda del Vegliato e sotto il Cuel dal  Dorondon  (ora zona L’A.S.eR.)  dove è stato “sepolto il centro storico di Gemona”.

Molti rifiuti ingombranti, inerti,.. sono stati poi abbandonati direttamente dai cittadini e dalle imprese in prossimità dei corsi d’acqua (Tagliamento, Vegliato, Orvenco, Grideule,…)  o nei vecchi siti già utilizzati per lo smaltimento  dei rifiuti.  Inizialmente è stata una risposta all’emergenza, poi è diventata una cattiva abitudine. Ora è un reato sanzionato dalla Legge.

Negli anni a seguire la situazione è andata migliorando. I rifiuti sono stati smaltiti fuori dal territorio, inizialmente presso l’impianto di Villa Santina e poi presso discariche costruite ad hoc, che hanno fatto, in Friuli, la fortuna dei cavatori.  I Comuni del Gemonese nel 1987 hanno delegato la Comunità Montana alla gestione del servizio, delega tuttora esistente.

Dopo gli anni ’90, due sono state le novità positive accadute:

–  nel 1991 la giunta bianco-rosso-verde istituisce la ricicleria in via San Daniele, che venne ristrutturata e ampliata dopo il 2000 (ora è denominata Centro di Raccolta);

– nel 2008, di fronte alla crisi legata allo smaltimento dei rifiuti in Regione e alle sollecitazioni dell’associazione Pense e Maravee, la Comunità Montana del Gemonese aderisce al progetto di A&T2000 volto a  promuovere la raccolta differenziata spinta adottando il sistema Porta a Porta. Nel 2011 viene introdotta anche a Gemona. Attualmente la percentuale  dei rifiuti che viene conferita in modo differenziato supera il 70% (73% nel 2012).

Ce l’abbiamo fatta. Ma non abbiamo ancora concluso l’opera.
Alla prossima.

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