Quando sono “nati” i rubinetti?
Risposta semplice per le persone anziane. Per i più giovani e le persone di mezza età non tanto, in quanto nella loro esperienza hanno sempre visto l’acqua scendere dal rubinetto di casa per bere, lavarsi, cucinare …
Ma è sempre stato così?
Per scoprirlo facciamo un percorso a ritroso nel tempo che ci porta fino agli albori del secolo scorso e oltre, per cogliere le trasformazioni che sono intervenute nell’uso e nella disponibilità di acqua potabile. Mi accompagna questa volta nel racconto Provino, operaio del Comune di Gemona ora in pensione, conosciuto da molti per la sua competenza.
Dotiamoci, prima di tutto, di un vocabolario minimo. Chiameremo acqua di montagna l’acqua che scende per gravità dalle sorgenti (Glemine, Cjampon e Poçolons ); acqua di pozzo quella che sale dalla falda, con l’ausilio delle pompe, funzionanti a energia elettrica o “muscolare” (una volta). Per acquedotto infine intendiamo quell’insieme di opere che trasportano, accumulano (serbatoi) e distribuiscono l’acqua dalle opere di presa alle abitazioni, alle fontane e lavatoi pubblici (un tempo).
GLI ANNI 2000
Nel 2004 l’ing. Foramitti, per conto del Comune, aggiorna il piano generale dell’acquedotto. La disponibilità d’acqua è stimata in circa 80 litri al secondo (di seguito l/s) e viene prelevata dal pozzo di Vegli (60 l/s), da quello di Godo (20 l/s) e dalla sorgente del Glemine; viene fatta inoltre una previsione per un ulteriore prelievo di circa 30 l/s da recuperare in parte mediante l’attivazione della nuova sorgente del Glemine (10 l/s), il resto dalla falda.
Nel 2006 cambia il gestore dell’acquedotto: il Comune si affida al Consorzio Acquedotto Friuli Centrale. L’ingegner Battiston, direttore generale del CAFC, conferma i prelievi dell’ing. Foramitti e informa che la sorgente del Glemine è utilizzata solo saltuariamente con una portata media di 2 l/s. E’ stata calcolata in 187 litri la dotazione idrica giornaliera di ogni gemonese nel 2009. Il CAFC ha inserito nella rete alcune valvole “intelligenti” di limitazione della pressione nelle ore notturne, in modo da effettuare il controllo delle perdite e migliorare il bilanciamento delle due principali opere di presa: Vegliato e Godo. Per un aggiornamento al 2014 a breve intervisteremo l’ing. Battiston; per fare il punto della situazione a 8 anni dalla presa in carico dell’acquedotto presto risentiremo il direttore del CAFC.
GLI ANNI ‘80 e ‘90
Sono gli anni della ricostruzione di parti dell’acquedotto: 15 lotti per sostituire e integrare tubi e serbatoi, per ripristinare opere di presa. Poçolons è stata ripristinata e poi chiusa (a metà degli anni ‘90) in quanto considerata eccessivamente vulnerabile all’inquinamento organico. L’ing. Dino Mantovani nel piano redatto nel 1998 proponeva di recuperare ulteriori 25 l/s dalle sorgenti di Poçolons, Glemine e Crist e 35 l/s dalla falda.
Durante la ricostruzione “i tubi” hanno rincorso la previsione di un significativo aumento di popolazione, che non si è verificato, e l’incredibile espansione urbana che, invece, c’è stata e pesa e peserà sulle tasche dei cittadini (costo dell’acqua potabile e depurazione , ma anche costi di illuminazione, trasporti, reti tecnologiche, raccolta dei rifiuti, per non parlare del consumo eccessivo di suolo).
IL TERREMOTO E I PRIMISSIMI INTERVENTI
Il terremoto ha messo fuori uso buona parte dell’acquedotto: tubature, serbatoi (castello e Glemine) e opere di presa (Poçolons, Godo…). Provino mi racconta: “La mattina del 7 maggio, con alcuni colleghi, effettuiamo una ricognizione all’impianto: Rivoli Bianchi, Sant’Agnese, Scugjelârs, Castello. I primi urgenti interventi sono stati finalizzati al ripristino dei pozzi di Vegli e Godo, della presa del Glemine e all’erogazione dell’acqua nelle tendopoli. Abbiamo poi messo in pressione le tubazioni, strada dopo strada, Centro storico escluso, riparando e sostituendo condotte ove necessario. Un lavoro, quest’ultimo, durato mesi”.
PRIMI ANNI ’70: I PERCORSI DELL’ACQUA
Le fonti di approvvigionamento di Gemona prima del sisma erano le sorgenti di Poçolons (5), Rio dei Pioppi (Fonatanat), Parsore il Crist (Clapon dal riul), Glemine, Maniaglia (2 sorgenti) e i pozzi di Vegli e Godo. I serbatoi di accumulo erano 7 con una capacità di invaso di mc 1.430. Provino disegna su una grande mappa lo sviluppo delle tubazioni negli anni ‘60 e ‘70 che io riporto schematicamente nell’elenco sottostante con questo ordine: opera di presa serbatoio/i (di seguito S.) e Borgata di destinazione dell’acqua:
Pozzo di Godo serbatoio (S.) del castello S. di Santa Maria la Bella S. di Maniaglia Maniaglia (dopo la eliminazioni delle prese a gravità agli inizi degli anni ‘70);
Pozzo di Godo S. del castello Centro storico;
Pozzo di Vegli S. del campo sportivo S. di Scugjelârs S. del Castello (Stalis, Centro storico, Maniaglia);
Pozzo di Vegli borgate della piana a ovest della ferrovia (dopo il 1968);
Sorgente del Glemine S. del Glemine Godo, Piovega; nei periodi di minor consumo le acque si spingevano fino a Taboga e risalivano a Campagnola quasi fino al semaforo;
Sorgenti di Poçolons S. di Scugellars S. del Castello (parte di Stalis, Centro storico);
Sorgenti di Poçolons S. di via Chiamparis Ospedaletto (fino al 1968); dopo il 1968 Poçolons forniva acqua fino al Tiroasegno, Vegli serviva Ospedaletto;
Sorgenti dei Pioppi (Fontanat) e Parsore il Crist (Clapon dal riul) > S. di Uaran > Stalis (fino al 1972).
GLI ANNI ‘60
Fino al 1968 le tubazioni dell’acquedotto coprivano il territorio a est della ferrovia, compresa la frazione di Ospedaletto. A ovest della ferrovia l’acqua veniva prelevata dai pozzi che spesso si trovavano al centro delle vecchie corti contadine. Anche a Gemona Centro e Stalis c’erano i pozzi, ma raccoglievano acqua piovana; inoltre non sempre l’acqua arrivava nelle case: i tubi rifornivano fontane e lavatoi pubblici. Sentiamo a questo proposito la testimonianza di Pierina (Dolo) che abitava in via Baldo alla fine degli anni ‘50: “Andavo a prendere l’acqua coi cjaldîrs nel lavatoio, all’incrocio di Via Baldo e, quando non c’era acqua, salivo alla fontana in via Scugjelârs in località Cuel dai cjans. I cjaldîrs venivano appesi sopra il seglâr (acquaio) che serviva anche per lavarsi frugalmente al mattino. Si faceva il bagno di sabato, scaldando acqua e lavandosi nella tinozza (pòdine). Di lunedì lavavo i panni e li risciacquavo nel lavatoio, anche d’inverno e con la neve. Se chiudo gli occhi vedo, ancora oggi, la fila delle donne che con il loro carico di panni, si recavano al lavadôr. Anche gli animali si abbeveravano nel lavatoio e vi si lavavano i bambini d’estate. Quando nel 1964 abbiamo avuto l’acqua in casa mi sembrava di essere la persona più ricca e fortunata del mondo”.
Ma cosa è successo nel 1964? Nel 1964 l’ing. Mantovani dichiarava, in una relazione al Comune, la necessità di reperire nuove portate per ulteriori 30 l/s a fronte di una portata di 20 l/s continui. Nel calcolo del fabbisogno aveva considerato la popolazione (quasi 13.000 abitanti), il bestiame (2.400 capi di taglie diverse), l’amministrazione militare, le industrie a ponente della ferrovia, l’ospedale, i maggiori consumi stagionali per gli abitanti e il turismo. Venne individuata dopo studi e indagini l’area a ponente di via Vegliato e via Drendesima per la realizzazione dei pozzi.
Nel 1968 è entrato in funzione il pozzo di Vegli che ha integrato le portate delle sorgenti e del pozzo di Godo. Era stato fortemente voluto anche dai militari che dovevano rifornire d’acqua la nuova caserma Goi Pantanali, inaugurata proprio in quell’anno.
GLI ANNI ‘40
Nel 1948 si deve ricordare l’entrata in funzione del pozzo di Godo che ha integrato le sorgenti di Poçolons , Pioppi (Fontanat) , Parsore il Crist (Clapon dal riul), Glemine e Maniaglia, aumentando la portata fino a 20 l/s continui.
GLI ANNI ‘30
Il Comune fa il censimento delle sorgenti e delle fontane pubbliche (1935). Riporto alcuni stralci che si riferiscono alle opere di presa.
LE OPERE DI PRESA
1. La derivazione delle acque dalla sorgente del Monte Glemine, che è stata l’unica fonte della città di Gemona, fin dai tempi antichi, ritraeva l’acqua potabile con deflusso nella fontana di Piazza Vittorio Emanuele;
2. Il lavatoio pubblico del Glemine con la sorgente “Madonute” sulla strada del Glemine;
3. La sorgente del Turco sulla strada di Udine, che alimenta la fontana omonima;
4. La sorgente Silans sulla strada del Glemine, che alimenta la fontana omonima;
5. La derivazione delle acque del Rio Pozzolons, che alimenta l’acquedotto omonimo;
6. Le derivazioni d’acqua del bacino del Vegliato, alle falde del Monte Ambruset che alimentano gli acquedotti di Stalis;
7. Le derivazioni d’acqua delle prese di “Masareit” e “Pravuan” che alimentano l’acquedotto di Maniaglia;
8. La derivazione d’acqua del Tagliamento ove il Comune, nei pressi di Ospedaletto deriva circa 1 mc d’acqua (Roggia dei Mulini mediante apposita chiavica con portellone e saracinesca).
Segue l’elenco delle fontane pubbliche (13), fontanelle e delle pompe (2).
PRIMI ANNI DEL ‘900
Viene costruito l’acquedotto di Poçolons che entra in funzione nel 1905. Alla fine dell’800 furono presentati i primi progetti da parte di Girolamo D’Aronco (1890) e poi dell’ing. Grablovitz (1899). Restarono l’opera più importante per Gemona fino al 1950. L’acquedotto era alimentato da cinque sorgenti che convogliavano l’acqua in una unica vasca di raccolta. Le opere di presa sono state ristrutturate nel 1922 e dopo il terremoto; l’ultima in ordine di tempo, quella denominata “Miniera”, fu ristrutturata nel 1995. L’acquedotto fu chiuso nel 1996.
Nel prossimo numero continueremo l’indagine, ricostruendo le storia dell’acquedotto nell’800. Per l’attualità, come già anticipato intervisteremo il Direttore del CAFC.