Ambiente

La latteria turnaria di Campolessi, presidio Slow Food

La latteria di Campolessi, con 17 soci conferitori, è una delle poche latterie turnarie della regione. Ed è anche presidio Slow Food. Intervistiamo Alberto Boezio, il casaro “giovane della latteria” per un approfondimento. Un mondo antico che si proietta nel futuro.

Latteria

La latteria turnaria di Campolessi

 Alberto, Cosa vuol dire per la latteria turnaria essere un presidio Slow Food?

La latteria turnaria di Campolessi è stata insignita del titolo di presidio Slow Food per la particolare realtà socio-economica che rappresenta. Una situazione che poco alla volta sta scomparendo ma che dovrebbe essere preservata per la sua importanza. Nel passato ha sostenuto l’economia delle nostre zone e ha mantenuto e valorizzato il nostro ambiente e il nostro territorio.

I soci conferitori della latteria sono costituiti da piccole aziende agricole a gestione familiare, che consente una divisione del lavoro da svolgere e una riduzione dei costi.

Il marchio Slow Food permette un riconoscimento ufficiale per i consumatori, di una garanzia di qualità e di un prodotto di nicchia, ottenuto seguendo criteri che mirano alla cura dell’ambiente, a partire dal territorio utilizzato per lo sfalcio dell’erba, alla tipologia di allevamento del bestiame, che guarda  al benessere animale, alla tipologia di trasformazione del latte secondo principi chiave che portano ad un prodotto genuino e a chilometri zero.

Quanti soci conferiscono? C’è un protocollo a cui i conferitori devono attenersi e quali sono i controlli di qualità del latte e del processo di lavorazione?

I soci conferitori in forza alla latteria sono 17, provenienti da Gemona e da altri paesi limitrofi come Venzone, Montenars, Magnano in Riviera, Tarcento; un socio proviene da Enemonzo.

Il quantitativo di latte conferito giornalmente, tra la sera e la mattina, è di 18 quintali, con variazione nel corso dell’anno a causa dell’alpeggio durante il periodo estivo.

Il latte lavorato deriva, per la maggior parte, da vacche di razza pezzata rossa, alimentate esclusivamente con fieno, erba e foraggi non insilati e nemmeno fasciati.

Il latte viene controllato microbiologicamente e chimicamente due volte al mese da un laboratorio esterno accreditato; inoltre vengono eseguiti controlli sui prodotti, sulle condizioni igienico sanitarie degli ambienti e persino dell’acqua impiegata nel processo di produzione. Infine la latteria è soggetta al controllo dei veterinari dell’Azienda Sanitaria competente che vigila sul corretto operato all’interno del caseificio.

Avete un prodotto particolare che vi contraddistingue?

Nella latteria  si producono formaggio “Latteria”, burro, ricotta, stracchino e caciotta. Un prodotto particolare è la ricotta, rinomata per il suo caratteristico sapore e l’unicità della sua cremosità.

Quali sono gli obiettivi futuri della latteria nei prossimi due e tre anni?

Gli obiettivi futuri della latteria mirano a sostenere le attività dei soci, aumentare la redditività delle aziende agricole e diminuire i costi di gestione attraverso un consolidamento e un incremento della produzione e delle vendite  allo spaccio aziendale che si trova  all’interno della  latteria e dove i clienti possono vedere le lavorazioni che si effettuano.

Da giovane casaro, come vivi questa esperienza professionale che è anche una sfida  personale?

Ho iniziato a fare il casaro per caso, da una piccola opportunità che mi si è presentata dieci anni fa. L’ho colta al volo memore della stalla di mio nonno, del sapore del latte appena munto, degli odori e rumori della latteria vicino a casa.

Il lavoro in latteria è una sabbia mobile nella quale si è dentro fino al collo e dalla quale è difficile uscire; la latteria diventa una seconda casa: una casa però dalle fondamenta sempre incerte, soprattutto in questi periodi. Può sempre arrivare un terremoto da un momento all’altro e non si sa se reggerà.

Stando nella latteria di Campolessi si vede il mondo esterno correre veloce ed avanzare, mentre qui dentro tutto procede lentamente e a piccoli passi;  fino ad ora, da 100 anni a questa parte, si è dimostrato duraturo.

Questa è la grande sfida ed il grande enigma della latteria: quanto durerà ancora questa realtà? A priori non lo sappiamo. Finché ci saranno persone che si dedicheranno alla terra e ai bovini, ci sarà una speranza.

Noi che viviamo dentro la latteria  cerchiamo di tenere duro, facendo sempre del nostro meglio.

Auguri Alberto, ai colleghi e soci della latteria turnaria

Ps. Note storiche

Le latterie turnarie sono una forma di cooperazione molto antica tra piccoli allevatori. Le prime risalgono al secolo XVI ma si consolidarono soprattutto a partire  dal secolo XIX. L’istituzione della latteria turnaria infatti ricalcava l’usanza antica di mettere insieme il latte di più famiglie e caseificare collettivamente.

Negli archivi storici gemonesi viene riportato un accordo del ‘700  tra alcune famiglie di Osoppo, denominate  “La compagnia del latte”, per la lavorazione del latte a turno con i propri attrezzi. La prima latteria turnaria a Gemona fu quella di Ospedaletto, inaugurata il 15 maggio del 1883. Seguirono quella di Campolessi (1908), Godo (1909) e Moseanda (1911). In tutto 9 latterie, comprese quelle di Piovega, Campagnola, Gois e Stalis. L’ultima a essere avviata fu quella di Taboga, inaugurata il 17 settembre 1952 e chiusa nel 1998.

Oggi a Gemona ne rimangono 3: due gestite da privati (Godo e Moseanda) e quella di  Campolessi che, come abbiamo visto,  è ancora turnaria con 17 soci ed è presidio Slow Food.

 

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