Il nostro disegnatore con il lapis in mano riprende a segnare sulla mappa ulteriori “segni” lasciati dai gemonesi (e non solo) dall’ottocento ai giorni nostri. Dal 1970 in poi, è in affanno: i segni sulla mappa sono veramente tanti e fatica a non sovrapporli… (per rileggere la prima parte clicca qui)
L’OTTOCENTO
La popolazione aumenta rapidamente e l’area coltivata raggiunge, a ovest, i limiti attuali rappresentati dal canale Ledra Tagliamento (Roggia di Confine). Ciò si ottiene grazie alla costruzione delle linea di rosta sul Tagliamento (1831-1850) che ricalca i termini attuali. Il pascolo viene, in gran parte spostato nella zona montana di Ledis, Legnam, Gleris, Bombasine, Buteghîs. Tutta l’area montana di Cjampon e Cuarnan viene in gran parte disboscata e sfalciata. Si formano gran parte dei microtoponimi in tutte queste aree. Il 1800 non è un periodo di ricchezza. La popolazione aumenta più rapidamente della produzione agricola mentre l’artigianato e l’industria iniziano a svilupparsi solo alla fine del secolo. Lo Stato italiano è povero e per aumentare le entrate applica delle tasse sulla produzione della seta e sul macinato. Anche il comune di Gemona non ha molte entrate e le opere di canalizzazione del campo gemonese, progettate già nei primi del secolo, vengono attuate solo verso la fine in gran parte da latifondisti locali. Per aumentare i proventi il comune vende ai privati tutti i fondi comunali della pianura e molti della zona montana. Con persone provenienti da Stalis, che hanno acquistato i terreni, inizia a formarsi la borgata di Campolessi. Si espandono le borgate di Taboga e Campagnola grazie alla maggior disponibilità di terra. Iniziano le grandi emigrazioni che, in questo periodo, sono dirette in gran parte verso il Sudamerica (Rino Gubianie M. Lazzari, “Lo studio dell’evoluzione del paesaggio attraverso la toponomastica”).
1820 Rifacimento presa del Gemine
Viene rifatta la presa del Glemine (costuita nel 1300 ca), danneggiata dall’esercito Napoleonico
1828 La Pontebbana (strada postale)
Viene realizzato, da parte dell’esercito di Napoleone il nuovo tracciato della Pontebbana, variante al vecchio tracciato nella tratta da Artegna ad Ospedaletto. La municipalità di Gemona, per contrastare la decadenza del centro, si era opposta a tale strada, richiamando l’inospitalità del posto: il ristagno delle acque, i venti di tramontana e la solitudine dei luoghi. (Dal Libro Gemona, Gemona, Gemona di Tito Cancian). La piana così risulta divisa da un reticolo dove gli allineamenti nord-sud (Tagliamento, Statale 13, Roggia), si sovrappongono a quelli est-ovest (le strade).
1863 Decisione di abbattere le mura di Gemona
Il consiglio della Comunità ha decide anche per motivi di sicurezza (mura pericolanti) di abbattere le mura di cinta della città
1875 La ferrata
Viene inaugurata la ferrovia da Udine a Gemona e la stazione di “Gemona – Ospedaletto”. La municipalità si era opposta al passaggio della ferrovia nella piana e richiesto che la stazione fosse posta presso l’attuale osteria di Blanc (sotto il parco di via Dante). Le cose andarono però diversamente.
1886 Il Canale Ledra Tagliamento
Il Consorzio Ledra Tagliamento realizza l’ultimo tronco del ramo omonimo che catturava l’acqua del Tagliamento presso la rosta Savorgnana (a monte dell’attuale ponte di Braulins). Ma la nuova derivazione non fu sufficiente per irrigare i campi assettati del medio Friuli.
DAL NOVECENTO FINO AL TERREMOTO
1900 La stazione e d’intorni
Si sviluppa il primo importante nucleo abitato in prossimità della Stazione, ovvero la Manifattura, l’Albergo Pittini,…;
1906 La strada e il Forte di Ospedaletto
Il genio militare inizia la costruzione del forte di Ospedaletto e l’omonima strada. I venti di guerra iniziano a soffiare.
1911 Il canale Ledra Tagliamento
Il Consorzio Ledra Tagliamento realizza e inaugura l’ultima tratta del Canale omonimo: dalla Rosta Savorgnana alla presa di Ospedaletto.
1914 – 15 La strada del Monte Cuarnan
Il genio militare costruisce la strada del Monte Cuarnan fino alle odierne baite. Serviva come linea difensiva per il trasporto dei cannoni in Sella Foredor.
1914 La seconda ferrata
Viene inaugurata la tratta da Gemona a Spilimbergo e poi a Sacile. Aveva una importanza militare e serviva come linea di emergenza qualora il nodo di Udine fosse risultato impraticabile.
1915 Il ponte di Braulins
Nel 1915 viene inaugurato il P.te di Braulins e costruita (dal 1915 al 191717) la strada da Peonis a Forgaria.
1930 Il sistema irriguo di Gemona
A seguito alla costituzione del Consorzio di bonifica integrale si completa la rete di canali che innervano l’agro gemonese per una lunghezza complessiva di circa 200 km.
1930 Viene inaugurata via Dante
Dopo molte ritrosie dei Gemonesi del Centro, si crea un agile collegamento con la stazione. Quando il 20 ottobre 1930 ci fu l’inaugurazione, il Podestà Giuseppe Stroili, potè giustamente definirlo “la spina dorsale della nuova Gemona” (Dal Libro Gemona, Gemona, Gemona di Tito Cancian)
1930 Statale 13
Viene inaugurata la variante della statale, esterna all’abitato di Artegna.
1933 Il Vegliato viene deviato
Il Vuaiat viene fatto passare a monte del Colle Dorondon e va a confondersi con il torrente Drendesime.
1934 – 36 Dal carbone all’energia elettrica, dal pietrisco all’asfalto
La pontebbana viene allargata e asfaltata e la ferrovia di Udine – Tarvisio elettrificata.
1950 La stazione di Ospedaletto
Viene inaugurata la stazione di Ospedaletto – dismessa successivamente nei primi anni 60.
1960 Statale 13
Viene inaugurata la variante della statale esterna all’abitato di Ospedaletto.
1967 Un’altra caserma a Gemona
Viene realizzata, tal Lûc di Casin la caserma Goi – Campanali e l’acquedotto si spinge a ovest della ferrovia
1970 Il primo piano regolatore
Viene adottato dal Consiglio Comunale il primo piano regolatore. I temi trattati erano: la dispersione abitativa, le carenze infrastrutturali, la crisi del settore terziario e dell’agricoltura, la decadenza del centro storico e il degrado dei beni culturali e ambientali; le proposte considerano:
– un moderato sviluppo dei nuclei abitati a favore delle attività produttive (evitare la disseminazione delle case);
– la salvaguardia dell’agro gemonese inteso come struttura produttiva;
– nel Centro storico viene previsto il PP che valorizzi l’ospitalità e servizi (sociali, sanitari, culturali):
– lo sviluppo del commercio comprensoriale lungo la statale; aumento delle dimensioni aziendali.
(tratto da “La Campagna urbanizzata” di Paola Cigalotto e Mariagrazia Santoro)
1973 – 1975 Salta il piano regolatore
Viene a cadere la salvaguardia al piano regolatore. Vengono rilasciate 700 licenze edilizie, molte delle quali interessano la pianura. Tradotto in numeri tutto ciò significa 373.000 nuovi metri cubi residenziali, 105.000 di fabbricati commerciali, 72.000 industriali e artigianali, 10.500 di servizi. Ciò provoca un “collasso” del piano prima ancora della sua entrata in vigore. Il piano viene poi approvato nell’aprile 1975.
Le opere infrastrutturali
Gemona prima del terremoto a cavallo degli anni 60 e 70 viene attraversata rispettivamente da:
– metanodotto;
– oleodotto;
– autostrada;
La nostra regione diventa regione ponte , ovvero terra di supporto e passaggio per le grandi opere infrastrutturali. Le stesse stravolgono la fisionomia delle valli (Canal del Ferro) e, unitamente alla diffusione dell’urbanizzazione, modificano il paesaggio della piana del Gemonese.
IL TERREMOTO E LA RICOSTRUZIONE
Sotto il profilo urbanistico sono state licenziate 48 varianti al Piano Regolatore approvato nel 1975; di queste , 4, sono considerate varianti generali; abbiamo circa 177 mq di superficie residenziale per abitante.
Nel frattempo si sono aggiunte le seguenti infrastrutture:
- il casello autostradale inaugurato nel 1982;
- Il raddoppio della ferrovia e la nuova stazione FFSS;
Gemona ha vinto l’importante sfida della ricostruzione ma non quella di un ordinato sviluppo urbano, di un centro pulsante e di un ruolo propositivo e propulsivo per il territorio.
CONCLUSIONI
L’isolamento di Gemona nella conoide, per 900 anni, è stato ostico ma altrettanto determinata è stata l’edificazione della piana negli ultimi 45 anni. Altre cittadine di pari “rango o quasi” che hanno morfologie “non piatte” hanno contenuto e meglio orientato le spinte all’edificazione (San Daniele, Buia, Artegna,…). Il nostro modello è stato simile a quello adottato nella Marca Trevigiana (case e capannoni, ovunque). Sotto il profilo della dispersione abitativa si potrebbe dire “non solo Gemona, ma soprattutto Gemona”.
Gli “spazi vuoti”, ovvero la terra con i suoi cicli, che garantiscono produzioni di qualità e servizi alla collettività di enorme valore e portata (mantenimento della biodiversità, purificazione dell’aria e dell’acqua, microclimi più gradevoli…) si riempiranno di abitazioni? Di questo passo serviranno pochi anni per ridurre le zone agricole residue a degli orti. Nel 1957, data della fotoaerea, a Gemona c’era la popolazione di oggi; certo non si possono fare paragoni fra epoche diverse, ma ,… il confronto stride, stupisce e allarma.
Quanto costerà alla collettività l’adeguamento dei servizi di acquedotto e fognatura che rincorrono e non precedono l’espansione edilizia a macchia d’olio? Come si potrà offrire una logistica e dei servizi di qualità al sistema produttivo così disperso sul territorio e in alcuni casi così contiguo con le abitazioni civili?
L’architettura storica minore è stata travolta. Le vecchie strade poderali, sono servite come vie di penetrazione all’edificato. Ne rimangono pochissime. Faranno tutte la stessa fine? Gemona ha il tasso di “strade” procapite più alto della Regione.
Avremo ancora mille architetture diverse sullo stesso territorio? Perché non curare la qualità del paesaggio urbano anche di fuori dalle “mura”? Perché abbattere i muri a secco e sostituirli con bruttissime recinzioni di cemento armato?
E’ possibile fermarsi un po’, ripensare e riflettere, immaginare uno sviluppo diverso? Traguardare su obiettivi che hanno scale temporali più ampie, riducendo così anche le spinte affaristiche e speculative? Valorizzare il passato e tutelarlo, tutelare le identità residue, le aree agricole e l’ambiente, le risorse peculiari e tipiche, pertanto pregiate, guardando alle grandi sfide dei prossimi anni?
Nel 2008 è sopraggiunta la crisi economica, una crisi lunga, tutt’ora presente che lascia il segno: case vuote, capannoni dismessi o mai occupati, centri commerciali, grandi divoratori di suolo, in affanno.
La pressione edificatoria si è ridotta; per contro è aumentato l’interesse e gli interventi nelle aree montane. Avremmo anche li molti segni sulla carta (i famosi depositi attrezzi)?
PS. L’articolo, con l’aggiunta dei due paragrafi finali, è stato pubblicato sul n. 53 di Pense e Maravee (2005). Chi volesse integrare con ulteriori informazioni utili a costruire la storia del territorio è bene accetto.