Riprende dopo una lunga pausa l’attività del sito di PM, con un articolo sui cambiamenti climatici a Gemona pubblicato nell’ultimo numero del periodico. Visti i tempi … Alla prossima. La redazione.
La neve è come la giovinezza: bella e fugace. In quegli attimi sempre più fuggenti e infrequenti ci fa rivivere ancora oggi emozioni dell’infanzia, ci meraviglia e ci proietta, nell’eccitazione del momento, all’incontro festoso con gli amici. La neve trasforma per un attimo il paesaggio, anche quello interiore. Momenti da vivere con intensità prima che la pioggia riporti la normalità lasciando aperto solo un pertugio al rammarico prima e alla nostalgia poi.
Gemona, che è cerniera tra i monti e il piano, non è stata mai stata una località dalle frequenti nevicate: protetta dai venti freddi, adagiata nel conoide baciato dal sole, aperta ai venti di scirocco, spesso non beneficiava ne delle nevicate che imbiancano la pianura ne di quelle che coprono le montagne. Però diversamente da ora, la neve faceva capolino con una certa regolarità.
Don Francesco Elia che a cavallo tra l’800 e il 900, gestì in paese una stazione meteorica, ci racconta che in media a Gemona nevicava 7 giorni durante l’inverno e “la neve stentava ad andare via”.
I miei ricordi raccontano che gli anni 60 sono stati molto nevosi anche a Gemona. Mi ricordo la bufera di neve nella notte di natale del 1963, le straordinarie nevicate dell’inverno 1968, 69 oppure gli 80 cm in Stalis e 50 nella piana della nevicata il 3, 4 e 5 marzo del 1970. Solo per citarne alcuni casi, senza scomodare il 1929 o l’inverno del 1952, 1954, 56, 58 60…. I nevosi inverni dell’85 e dell’87 li possiamo considerare come il canto del cigno, prima del grande cambiamento.
A Gemona la neve non si distribuiva in modo uniforme. Alcune nevicate privilegiavano i luoghi più prossimi alla vallata del Tagliamento, al vento freddo che scendeva dalle vallate interne e contrastava l’ingresso dello scirocco: in questo caso Ospedaletto faceva la parte del da leone. Altre volte era la sola altimetria a decidere i cm al suolo. In questo caso Stalis primeggiava, e questo accadeva di solito nella seconda metà dell’inverno. Gleseute beneficiava sia dell’altimetria che delle correnti fredde che da nord attraversavano San Agnese.
Due erano le dinamiche metereologiche che portavano la neve a Gemona:
- Nevicate da addolcimento che si verificavano quando un cuscinetto freddo veniva eroso dall’avanzare di venti di scirocco che precedevano una perturbazione atlantica e facevano si che la neve cedesse presto il passo alla pioggia; sgocciolamenti dai fili della luce o dalle grondaie, annunciavano il trapasso
- Nevicate a lieto fine si verificavano quando una depressione sul golfo ligure in movimento verso est, richiamava correnti caldo umide in quota e afflusso freddo al suolo.
A partire dalla fine degli anni 70 il termometro ha iniziato a salire e lo ha fatto in modo più decisa dagli anni 90 in poi. L’aumento di un grado e più negli ultimi cento anni ha virtualmente abbassato la piana di Gemona a livello del mare.
E’ comune consapevolezza nelle persone di una certa età che il clima è cambiato: nevica sempre meno, gli inverni sono più miti, l’estate ci regala temperatura che superano frequentemente i 35 gradi e si avvicinano pericolosamente ai 40°. Periodi di siccità si alternano a periodi piovosi che privilegiano di più il secondo semestre dell’anno. Sono abbastanza frequenti episodi di violenti acquazzoni con molta acqua che scorre in superficie e vince ai punti il richiamo della gravità. Inoltre l’anticiclone delle Azzorre che regalava estati dal clima gradevole e l’anticiclone russo siberiano che d’inverno arrossava nasini le guance de “monelli”, si sono ritirati rispettivamente più a ovest e più a est, lasciando libero movimento all’invadente anticiclone africano che imperversa ormai in tutte le stagioni.
Si sa però che la memoria gioca brutti scherzi. Si tende a ricordare cosa piacevoli immaginandole più frequenti e intense. Per fortuna a calmierare tale propensione ci solo le fotografie che riportano quanto sopradescritto. Ma anche dell’altro.
In Stalis sotto il Glemine c’era un prato denominato Campo Sciatorio, usato dai gemonesi per sciare dagli anni 30 – con i primi sci per lo più militari o auto costruiti – fino agli anni 60. Così mi racconta Renato. Oggi sarebbe impensabile un toponimo con tale significato in quel posto. Spostandosi più in alto dietro le creste del Monte Chiampon in località Glaceris c’erano delle cavità naturali di origine carsica che mantenevano la neve tutto l’anno. Mi ricordo che ogni anno salivo in settembre per verificarne la consistenza. Con gli anni 80 tali cavità, salvo qualche eccezione, sono rimaste orfane della neve. I nostri bisnonni salivano per portare il ghiaccio con la gerla fino in Foredôr e poi con la ôge fino all’ex sede della società Operaia, in via Caneva, e ivi stoccato per la vendita in apposito spazio sotterraneo. Una seconda glacere si trovava in via Chiamparis che veniva rifornita dal ghiaccio che si formava d’inverno nel lago di Ospedaletto. Informazioni che potete trovare nel libro “Gemona antica” del nostro compaesano Livio Londero. Sul Monte Cuarnan con la costruzione del rifugio, si realizzò anche la pista di sci. Ma pure quella ormai è quasi un ricordo per la vegetazione che ha rinchiuso gli spazi aperti ma anche in Cuarnan la neve ormai appare saltuariamente. Certo, direte voi, non è una novità. Oggi tutte le piste di sci in Friuli sono a rischio neve, ad eccezione forse, del comprensorio del Canin. Ma per ora il nostro focus sono i cambiamenti che si possono registrare nel nostro paese.
Anche il paesaggio cambia. Dietro Cjampon le faggete salgono più in alto e quelle basse soffrono la calura. Il caldo favorisce anche le specie aliene originarie dai paesi caldi e l’ulivo, che ormai contende lo spazio alla vite, si trova a suo agio. I vini prodotti sono più alcolici, vuoi per il miglioramento delle tecniche colturali vuoi per l’aumento di temperatura. In certe annate il verduzzo arriva e supera i 14°. Valori impensabili solo 50 anni fa. Il capotto non si usa più … cresce il numero dei migranti ambientali che attraversano le nostre contrade. Ma adesso fermiamoci un attimo e …
ALLARGHIAMO LO SGUARDO. Il clima sta cambiando e questo cambiamento si riflette anche a Gemona. Noi abbiamo guardato il cambiamento globale dal buco della serratura, ricordando in un arco di tempo brevissimo i cambiamenti intervenuti. Le cause le conosciamo tutti: i gas serra prodotti dalla combustione, la deforestazione (tropici) che oltretutto semplifica brutalmente ambienti di straordinaria biodiversità per consegnarli spesso alla produzione dell’olio di palma o all’allevamento industriale dei bovini, grandi produttori di metano. Sono in aumento anche le violenze nei confronti delle popolazioni indigene che cercano resistere difendendo il loro ambiente e con esso la loro stessa sopravvivenza dalle criminalità economica, spesso armata, anche legale.
James Hansen uno dei maggiori esperti al mondo di cambiamenti climatici (Columbia University e NASA – Goddard Institute for Space Studies) calcola che lo squilibrio energetico, al momento, è di circa sei decimi di watt per metro quadro, ovvero il surplus di energia equivale a una lampadina da 60 watt accesa ogni 100 mq. Può non sembrare molto, ma sommato per tutto il mondo è una cifra enorme. E’ circa 20 volte più grande del tasso di energia usata dall’umanità intera. E’ equivalente all’esplosione di 400.000 bombe di Hiroshima al giorno. Ecco quanta energia extra sta accumulando la Terra ogni giorno.
Il conto di questi cambiamenti sarà salato. La terra sempre più degradata riuscirà a sfamare e dissetare una popolazione in crescita? In aggiunta il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ex palazzinaro “oliato” dalle industrie fossili, ha deciso di sfilarsi dagli accordi di Parigi contro i cambiamenti climatici, operativi dal novembre scorso.
MAI ARRENDERSI
Bisogna fortemente immaginare un mondo diverso che affronti contestualmente il degrado della natura e del clima e l’ingiusta distribuzione delle risorse. Difendere il pianeta e superare l’era dei fossili riduce il rischio di violenze e di guerre. Sul piano personale questa rivoluzione la possiamo praticare ogni giorno con i nostri stili di vita scegliendo come muoversi, cosa e quanto acquistare, come produrre e usare l’energia, come gestire il fine vita dei beni. Possiamo ridurre la nostra impronta sull’ambiente, camminando con passi leggeri sulla terra. Certo non basta, occorre contaminare la politica e le istituzioni. Ma non farlo o non farlo con gioia rende il messaggio più debole.
ASPETTANDO LA NEVE
E’ notte fonda, il silenzio avvolge ogni cosa. Sono sveglio. Aspetto la neve. Sento un rumore lontano: è il treno. Il fischio lo annuncia. Ma è un fischio attenuato, avvolto, tombato. Siii nevica. Mi alzo bambino e guardo la fioca luce del lampione. Milioni di fiocchi bianchi volteggiano nell’aria. Rimango rapito a guardare, insensibile al freddo. Accompagno la notte fino all’alba, poi lentamente il sonno mi prende per mano e … mi sveglio. Era un sogno.
La nostalgia per la neve richiama l’infanzia. Ma ora che i capelli si tingono di bianco la nostalgia si arricchisce di significati: la neve è pace.